Alcuni centri messapici

Tra le testimonianze dell’antico popolo messapico, meritano di essere ricordate le tombe messapiche aletine. Una di esse è composta da venti lastroni in tufo locale (che formano un volume complessivo di circa 10 metri cubi). Gli oggetti recuperati al momento del ritrovamento e successivamente furono un’anfora vinaria, cinque unguentari fusiformi, una lucerna, frammenti di ferro uniti da forte ossidazione, una moneta ridotta pressoché in polvere e dei chiodi. Nella piazza principale, infine, fa spicco una tomba monumentale con iscrizioni in lingua messapica.

Cavallino

Il sito di Cavallino è assai interessante perché mostra un insediamento messapico che ha conservato integra la sua omogeneità sociale, culturale ed armonica già nell’VIII sec.; nel VI sec. a.C. si mostra già urbanisticamente sistemato. Verso la fine del VI sec. a.C., per difendersi dalle minacce e dai propositi bellicosi dei Tarentini, i Messapi di Cavallino decidono di approntare intorno alla città una solida e valida cinta muraria e scavare un fossato per tutta la lunghezza del perimetro cittadino. Con gli scavi sono venuti alla luce molti oggetti: accette litiche levigate di roccia filoniana grigia, aghi lunghi e sottili di osso, chiodi e fibule di ferro. Altri oggetti personali erano quelli usati come elementi di collana e bracciali: fuseruole e valve forate; oggetti per giochi fanciulleschi erano le palline e le rondelle di terracotta. È stata trovata, anche, una piramidetta con incisa una dedica ad una divinità femminile: Arzeria. Nelle poche tombe sono state rinvenute borchie e collane di bronzo, vasellini di terracotta, bellissimi vasi, armi di selce, figurine di bronzo, una civetta di bronzo e grande abbondanza di monete. Le tombe per adulti erano a cassa rettangolare, uniformi come dimensioni, scavate nella roccia affiorante, coperte da lastroni di pietra leccese ed erano poco profonde. Interessante il modo in cui seppellivano i bambini: agli angoli dell’abitazione, i corpi venivano sistemati in posizione rannicchiata dentro un pithos ovoidale oppure dentro un cratere di produzione locale, decorate a fasce o a motivi geometrici.

Ceglie Messapica

Attorno all’abitato di Ceglie è dato riconoscere, da un’indagine recente, tre cinte murarie di età messapica, ancora oggi in parte visibili; il circuito più stretto e più antico è composto da blocchi megalitici sistemati a secco, che spesso integrano la roccia a tratti affiorante. Le altre due cinte murarie, a brevissima distanza l’una dall’altra e collegate tra loro dai muri a secco e camminamenti, comprendono un territorio molto più vasto del centro abitato antico, per consentire il foraggiamento della città nell’eventualità non remota di un assedio; è stata individuata una porta della città messapica con una torre e un camminamento esterno dell’altezza di circa 4 metri. Esiste anche una quarta cinta muraria con Specchie dalle evidenti funzioni difensive e avvistatrici. Per la cronologia di questo sistema difensivo bisogna ricorrere ad argomentazioni di carattere storico che portino alla giustificazione di questo sistema così complesso attorno all’abitato di Ceglie. Il centro rappresentava anticamente, insieme con Oria, Manduria e Carovigno, il primo ostacolo contro cui si sarebbe trovata ad urtare Taranto, città greca, protesa in una espansione verso l’interno; la prima notizia storica che noi abbiamo dei Messapi consiste nel passo di Erodoto VII, 170 relativo alla battaglia tra Messapi da una parte e Tarentini e Reggini dall’altra. Questa battaglia di cui Erodoto parla come della più grave sconfitta subita dal popolo greco, avvenne nel primo trentennio del V sec. a.C. In tempi di relativa calma poteva essere ben sufficiente alla città messapica la cinta più stretta e più vicina al centro abitato; ma quando i rapporti con Taranto si fanno più tesi, soprattutto quando Carbinia nel 473 viene assediata, e Taranto grava minacciosa anche su Ceglie, allora gli abitanti organizzano un sistema difensivo che comprende le varie cinte murarie e le Specchie, il tutto collocabile cronologicamente in un periodo che abbraccia V e IV sec. a.C.

Le testimonianze archeologiche più rilevanti consistono in corredi tombali di V, IV e III sec. a.C. conservati nei musei di Taranto, Brindisi, Egnazia e Lecce; notevoli 37 iscrizioni in lingua messapica studiata in particolare da Ribezzo, Parlangeli, Santoro.

Gallipoli

Plinio, nel menzionare la città, si esprime col nome di "ANXA" (termine di risonanza messapica). Tale dovette essere la denominazione originale, dal momento che Gallipoli fu assoggettata a Taranto, che esercitava il proprio dominio sui maggiori centri e porti della Messapia.

Lecce

Anche Lecce ebbe un insediamento messapico. Poco ancora si conosce sulle sue vere origini. Alcune scoperte recenti, però, hanno dato interessanti conferme sull’origine messapica; infatti, in ogni scavo praticato nella parte meridionale della città, è venuta alla luce qualche tomba coperta da lastroni incisi con iscrizioni messapiche e contenente vasi di terracotta o di bronzo analoghi a quelli rinvenuti nelle necropoli messapiche di Oria, Manduria, Rusce, Vaste e Ugento. I reperti consistono in iscrizioni, vasi di argilla grezzi o smaltati o figurati, giocattoli di bimbi, idoletti in terracotta, ossa lavorate ed una piccola statua di bronzo.

Manduria

Antica capitale messapica. Importantissimo centro messapico, ebbe un ruolo di primo piano nella storia antica per l’eroica e leggendaria resistenza opposta ai Tarentini, allorché questi mossero guerra ai Messapi con mire espansionistiche. La Manduria messapica presenta una triplice, grandiosa cerchia di mura, una realizzazione che ha ben pochi riscontri in Italia; purtroppo essa è stata in parte coperta o distrutta dalle costruzioni successive ma ne sussistono larghi resti, in particolare nella zona della chiesa dei cappuccini. La cerchia interna, non molto alta, è formata da grandi blocchi irregolari e risale al secolo V a.C.; la cerchia mediana è più alta e a blocchi irregolari, con l’intercapedine riempita da materiale eterogeneo. Sono visibili anche tracce degli ampi fossati difensivi, delle strade di cinta e di arroccamento, oltre a resti di grandiose porte e di torri di difesa. Presso le mura sono state scoperte tombe isolate e vaste necropoli, che hanno dato prezioso materiale.

Muro Leccese

La sua fondazione si fa risalire ai Messapi che, a giudicare dalle mura megalitiche ancora esistenti, da numerose tombe e dai reperti archeologici, ne fecero un paese strutturalmente forte e civilmente avanzato. Dalla muraglia iapigio-messapica, assai importante come si evince dalla relazione del prof. F. Tummarello , si vedono ancora molti avanzi che attestano una fattura con massi ben quadrati e legati nelle sovrapposte corsie orizzontali.

Oria

Oria divenne capitale della Messapia. Qui, sono venute alla luce tombe e grotte di origine messapica contenenti resti di scheletri umani, epigrafi tombali, una numerosa varietà di vasi d’argilla, di pregevolissima fattura, ma privi di ogni serio elemento decorativo, e monete di tipi e periodi vari.

Ostuni

Rispecchia le caratteristiche strategiche, topografiche e strutturali tipiche degli agglomerati messapici. La storia riferita a quel periodo non ci ha tramandato alcun episodio particolare. L’esistenza della città al tempo dei Messapi ci è testimoniata dal rinvenimento di una necropoli.

Patù

A Patù, paesello vicinissimo al Capo di Santa Maria di Leuca, un monumento messapico, le "CENTOPIETRE", apparve prima a Francesco Lenormant e dopo a Paul Bourget come il più prodigioso avanzo archeologico del promontorio salentino. Probabilmente le "Centopietre" risale all’età arcaica della civiltà messapica e dovette essere un tempio dedicato a qualche divinità. Gli archeologi C. De Giorgi, G. Arditi e P. Maggiulli non sono concordi sullo scopo dell’opera e hanno avanzato ipotesi contrastanti. Consiste in un androne formato da enormi macigni e coperto da lastre di pietra a spiovente sorrette all’interno da pilastri su cui ricorre un listello decorativo. Tale monumento, che nel medioevo venne adibito a cappella, ha ancora visibili alcuni tratti di affreschi bizantini.

Soleto

Soleto fu un ragguardevole nodo viario già in epoca messapica, che metteva in comunicazione i più importanti centri messapici ed incrociava una " via trasversale" che collegava il porto di Roca con Vereto e con il porto Nauna (l’attuale S. Maria al Bagno). Recenti indagini archeologiche vanno restituendo tracce di un possente circuito murario di tipo messapico. Inoltre nelle campagne intorno a Soleto si incontrano innumerevoli avanzi di terracotta grossolana, di stoviglie smaltate e, scavando "sottoterra", si trovano dei sepolcri sempre messapici. Quindi è molto probabile che Soleto avesse al tempo officine di arte ceramica, come può provare la grande vicinanza ai bacini di argilla che anche oggi alimentano la piccola industria nel vicino paese di Cutrofiano. Infine è stata ritrovata anche una tomba coperta da tre intavolature di pietra, nella quale, accanto ad uno scheletro , furono raccolte due monete messapiche.

Ugento

Al tempo dei Messapi era nota per la sua floridezza, anche perché pare che la fondazione del primo nucleo risalga ad epoche precedenti. Gli avanzi di mura megalitiche, tombe, monete, materiale vascolare, suppellettili e iscrizioni, però, evidenziano l’inequivocabile testimonianza della civiltà messapica. Interessante il fatto che, in epoca messapica, la città ha battuto moneta propria. A Palazzo Colosso, è custodita una raccolta di reperti: monete, armi, ceramiche, iscrizioni, ecc..., del periodo messapico.

Inoltre ricordiamo il ritrovamento del "Poseidon", una statua in bronzo del 510 a.C. rinvenuto in Ugento nell’ottobre 1961 nei pressi ove sorgeva il tempio dedicato al dio del mare. Ora la statua è ancora in restauro a Roma.

Vaste

E’ uno dei centri del Salento per i quali la ricerca archeologica abbia fornito una serie di indicazioni circa la topografia del sito nelle sue varie fasi di sviluppo.

Estesi scavi hanno permesso di rilevare tracce consistenti dell’abitato messapico (VIII-VII sec. a.C.): tali testimonianze sono concentrate nella parte centrale e più alta dell’abitato in corrispondenza dell’attuale piazza Dante. È stato possibile riconoscere l’impianto di capanne a pianta ovale con muretto perimetrale di pietre a secco, diversi focolari e scarichi di ceramica iapigia associate a materiali greci d’importazione.

L’abitato messapico di IV-III sec. a .C. sembra si possa riconoscere in strutture a blocchi squadrati e fondazioni di edifici a pianta rettangolare costituiti da più ambienti, disposti intorno ad un cortile. I vani avevano probabilmente pavimenti in tufina pressata, alzato in piccole pietre a secco e copertura in tegole.

Sono state portate alla luce anche fortificazioni in calcare locale, costituite da due cortine di grosse pietre collegate tra loro da un riempimento interno di tegole, pietre e terra; la parte esterna era rivestita da un muro a blocchi squadrati.

All’inizio del III secolo la cinta muraria, almeno in alcuni punti, fu rinforzata addossando un muro, largo circa 3 metri, a grandi blocchi squadrati.

La necropoli ellenistica si sviluppa nell’area periferica dell’antico abitato. All’interno, invece, era situato l’ipogeo delle Cariatidi in pietra leccese , datato alla seconda metà del IV sec. a .C., a pianta rettangolare, con gradinata di accesso e vestibolo comunicante con due camere funerarie.

Degna di nota è la necropoli probabilmente utilizzata da un gruppo gentilizio, con tombe rinvenute all’interno di controfosse scavate nel banco roccioso. Si notano i sarcofagi tagliati in blocchi monolitici di pietra leccese, che sono prova di un notevole livello di capacità tecnica. E’ databile al IV sec. a.C.; la qualità e la tipologia degli oggetti di corredo allude chiaramente al rango sociale del defunto e al ruolo all’interno del gruppo familiare.

Nelle tombe maschili risalta la presenza del cratere e degli oggetti con caratteristiche simili a quelli greci; nelle tombe femminili, caratterizzate da tipologia meno "prestigiose" di oggetti, ricorre costantemente il tipico vaso indigeno, la TROZZELLA.

Vereto

Noto centro messapico, vi sono state trovate numerose iscrizioni e monete. Molto importate è l’iscrizione scoperta da T. Mommsen, considerata la prima iscrizione messapica storicamente documentata. Anche gli studi di N. Corcia, precedentemente, ci davano notizie su questi ritrovamenti messapici a Vereto, in particolare su due monete che ci attestano l’esistenza di una vera e propria zecca veretina nel III sec. a.C. Inoltre in una delle tombe scoperte nel 1905 vennero trovati due grandi vasi di terracotta, su uno dei quali era raffigurata una donna con una falce in mano in mezzo a corimbi di fiori bianchi. In un’altra tomba vennero trovati i seguenti oggetti: piccoli vasi in terracotta, una cintura di rame, un frammento di elmo e altri piccoli oggetti in bronzo. Nelle altre due tombe si rinvennero delle pentole a grosso ventre che si pensa servissero a custodire i resti delle ossa.

Vitigliano

A Vitigliano si conserva un monumento analogo alla "CENTOPIETRE" di Patù, chiamato "CISTERNALE". Identica l’orientazione, la forma, il sistema costruttivo della copertura a enormi lastre di sabbione con doppio spiovente. La sola differenza tra le "CENTOPIETRE" e il "CISTERNALE" è costituita dal fatto che la prima si eleva sul piano a grandi blocchi parallelepipedi sovrapposti senza malta, mentre l’altra è scavata nel vivo della roccia con sovrapposizione artificiale della copertura.

 

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